iPad 2017 no frills!

Ovvero: Impressioni d’uso del nuovo iPad 2017.

In modo quasi inaspettato e sotto tono, a marzo di quest’anno la Apple ha presentato il “nuovo” iPad 2017. È in pratica il modello base che è andato a sostituire i precedenti. Al di sopra c’è solo la linea Pro, con caratteristiche migliori, ma con prezzo altrettanto “Pro”.
Poiché mi poteva servire e ne ero sprovvisto, ai primi di aprile mi sono deciso a travestirmi da pioniere ed acquistarne uno. In realtà mi sono trovato in un Apple Store e quando sono uscito, non so come sia successo, me lo sono trovato in un sacchetto. Vabbè non ci crede nessuno: è stata pura e folle premeditazione! Continua a leggere.. “iPad 2017 no frills!”

Tor Browser – Navigare sicuri anche col Mac

Vi è mai capitato di navigare in internet su un computer non vostro? Per esempio all’università oppure in un internet point? Beh, in queste situazioni ed in molte altre, ci si interroga quanto può essere sicuro utilizzare questi computer. Che ne è della nostra privacy? Va tanto di moda (a parole) ma è anche questione di sicurezza. Immaginate di avere la necessità di utilizzare il vostro home banking o di accedere alla pagina web della vostra casella di posta…
Ed ecco che allora ci viene in aiuto una… cipolla (onion)!

La cipolla è l’immagine simbolica che identifica il Progetto Tor, dove Tor sta per “The Onion Router”, cioè un sistema di comunicazione anonima basato sul protocollo onion routing. Il progetto è gratuito, open source e multipiattaforma.
Nella pratica, la nostra navigazione web è in genere una richiesta di dati che viaggia dal nostro computer al server in rete. Invece, usando “Tor”, i dati viaggiano attraverso un circuito virtuale crittografato a strati (Wikipedia), da cui l’analogia con la cipolla.
Inutile approfondire oltre, per i curiosi c’è il sito www.torproject.org. A noi basta sapere che è uno dei mezzi più sicuri e più anonimi per navigare in rete, quindi un prezioso strumento da utilizzare all’occorrenza.
Una volta Tor non era così facile da utilizzare. Adesso, però, sono stati creati strumenti facili ed immediati, tra i quali quello che ci interessa: Tor Browser.

Come dice il nome stesso, Tor Browser è un browser che “contiene tutto ciò di cui hai bisogno per navigare in internet in modo sicuro” (eh… la versione originale inglese del sito è molto più accattivante!).
Si tratta di una versione “modificata” di Firefox. Si scarica dalla pagina principale, anche in lingua italiana, oppure da qui. Ne esistono versioni Mac, Windows, Linux e persino Android. Le donazioni sono ovviamente benvenute.
Sono presenti anche video e guide per spiegare come scaricare, installare ed utilizzare il programma. Nulla di più facile, comunque..
Non sono più necessarie complicate installazioni e configurazioni complesse, come qualche anno fa.
Per Mac poi è semplicissimo: aprite il file .dmg che avete scaricato, trascinate l’app dove volete (desktop, cartella applicazioni, ecc) e lanciatela. Nella finestra che si apre, per la maggior parte dei casi, sarà sufficiente premere il pulsante “Connect”. Se invece ci si trova dietro firewall o proxy, è possibile utilizzare il pulsante “Configure”.
In pochi secondi si aprirà la finestra del browser, già collegata ai router Tor, ed un link ci permette di verificare se tutto è a posto (Test Impostazioni della rete Tor). Controlliamo e poi utilizziamolo come qualunque altro browser.
Tra gli ulteriori punti di forza: il browser è già impostato su un motore di ricerca non invasivo, richiede in automatico (se esistente) la pagina https dei siti web, ha un pulsante per disabilitare/gestire gli script ed il “Tor Button” per riconfigurare l’accesso alla rete o per richiedere velocemente una “nuova identità” (e quindi un nuovo indirizzo ip).
Buona navigazione sicura con Tor Browser!

Conversione video per iPad

Ebbene sì… prima o poi doveva succedere. È quello che dicono spesso gli amici.
Nel mio caso, è successo che sono uscito da un negozio con un iPad 2 sotto il braccio (più sottile, leggero, veloce. Con FaceTime, Smart Covers e batteria da 10 ore)! E pensare che passavo di lì per caso, giuro! Sono entrato solo perché c’era l’aria condizionata e avevo caldo. Vabbé, tanto nessuno mi crede…
Comunque, in questi giorni di esperimenti vari, cercavo uno strumento (gratis) semplice ed efficace per convertire qualche film in un formato adatto ad essere visto sul nuovo giocattolo.
Curiosando nel Mac App Store ho trovato ai primi posti delle applicazioni gratuite questo Smart Converter prodotto da ShedWorx , software house australiana specializzata in programmi di conversione video (come VoltaicHD e RevolverHD, per esempio).
Smart Converter è semplicissimo, no frills come dicono gli inglesi: si trascina il video sulla finestra del programma, si seleziona verso quale “media” deve essere esportato e si avvia la conversione.
Principali formati sono: Apple Tv, iPad, iPhone, Android tablet/phone, solo musica. Per un filmato avi di 1,47 Gb (1h 48 min) la conversione ha impiegato poco più di un’ora, utilizzando il 100% di un solo “processore” sui 4 core offerti dall’iMac i5. Tale limite penso sia dovuto all’uso di ffmpeg. Peccato, poteva essere più rapido. Ma questa è solo la versione 1.0 pubblicata questo mese!
La qualità del filmato rielaborato è molto buona, non si notano differenze evidenti dall’originale e al termine il file .m4v così creato (circa 1 Gb di peso) viene automaticamente aggiunto alla libreria di iTunes. Da qui all’iPad (o altro dispositivo) ci vuole un attimo.
Smart Converter è adatto a chi -come me- soffre da pigrizia dovuta al caldo estivo. Per tutti gli altri e per risultati migliori, ovviamente è meglio restare su Handbrake e simili. Buona visione!

Il fotoritocco facilitato

Diciamo la verità. La fotografia è una delle passioni più comuni e da quando il digitale ha sostituito la pellicola, tutti noi ci sentiamo autorizzati a giocare con le nostre immagini, almeno per migliorarne l’esposizione e il contrasto. O più semplicemente, per renderle vivide ed attraenti.
Facilitare le piccole operazioni di fotoritocco: questo è l’obiettivo di Photo Sense, per ora unico software prodotto dalla VeprIT, neonata società registrata in Olanda (nel 2011!) da due appassionati di fotografia, l’ingegnere informatico Demid Vladimirovich Borodin e la matematica Olga Kleptsova.
Il programma (2,2 Mb) si scarica da qui: veprit.com/photosense/download e si installa col più classico dei drag ‘n drop. La fiducia non manca: è possibile provarlo gratuitamente per 10 giorni, ma non salvare i risultati ottenuti.
Dopo la prova, gli entusiasti potranno acquistarlo su Mac App Store per (soli?) 26,99 euro, oppure partendo dal sito dello sviluppatore per 26,18 euro, ma non chiedetemi perché costa meno!
Photo Sense è solo in inglese e c’è scritto che gira su Mac con processore Intel, 1 Gb di Ram, da Mac OS 10.5 in poi. Tuttavia, su iMac i5 da 2,66 Ghz, Snow Leopard e 4 Gb di ram non è apparso velocissimo nell’elaborazione di file jpg di appena 12 Mb, oltre al fatto di divorarsi letteralmente quasi 2 Gb di memoria!
L’interfaccia si presenta subito in modo semplice: poche icone in alto e una scritta che campeggia su sfondo grigio “puoi trascinare le tue immagini qui”. Bene, trascinatele, cliccateci sopra e in modo automatico il software si occupa di “migliorare” le vostre foto. Le potete osservare affiancate, prima e dopo l’elaborazione, che può essere personalizzata solo includendo o escludendo le opzioni disponibili. Per esempio si può chiedere di aggiustare l’esposizione e i colori, ma di lasciare inalterato il contrasto, e così via.
Si può ritagliare e ruotare l’immagine oppure applicare una dozzina degli effetti più comuni: b/n, seppia, colorazione cyan o verde…
In sintesi: Photo Sense può essere di aiuto a chi vuole migliorare le proprie immagini, ma non ha tempo da perdere, né voglia di imparare software più complessi o molto più costosi. Onestamente bisogna riconoscere che nelle prove fatte, il risultato è stato più equilibrato di quello ottenuto con “Migliora” di iPhoto, ma almeno pari al “Mi sento fortunato” di Picasa. Il software non è invece consigliato all’appassionato di fotografia che non si accontenta di un risultato automatico e che vuole controllare ogni parametro dell’immagine. In tal caso Aperture o Lightroom restano insostituibili.
Per tutti gli altri, può essere il caso di tenerlo d’occhio: il “ragazzo” è giovane, fin troppo, e avrà tempo per migliorarsi. La ricetta di base è buona. In futuro ci aspettiamo una localizzazione in più lingue, un prezzo più appetibile, qualche possibilità di personalizzazione in più, ma soprattutto una miglior gestione delle risorse hardware. In bocca al lupo ai giovani e appassionati sviluppatori!

Spedire mail sicure con il Mac

La comunicazione via mail, come tutti sanno, è basata sul protocollo SMTP (Simple Mail Transfer Protocol), un sistema “semplice” che, appunto, non consente una comunicazione sicura: in altre parole, tutto il contenuto del messaggio viaggia in chiaro lungo le linee digitali. Non solo, ma rimane conservato sui server del provider per anni!!! (meditate gente… meditate) Il sistema GPG si propone di risolvere questo problema, criptando e decriptando i messaggi spediti e ricevuti.
Da buon Maccanico alle prime armi, proverò a spiegarvi come.

Principio base di funzionamento
Il meccanismo si basa sulla creazione e sull’uso di un set di due chiavi: una chiave pubblica (pub), da diffondere e pubblicare, e una chiave privata (sec), da custodire con grande cura. Le due chiavi sono generate dal sistema con un’unica operazione, utilizzando degli algoritmi matematici. Senza scendere troppo in dettaglio, ci basta sapere che GnuPG (The GNU Privacy Guard) è il progetto GNU che si occupa dello sviluppo di OpenPGP.
Ogni utente, dicevamo, avrà quindi un proprio set di chiavi. 
Ecco come funziona…L’utente A vuole spedire una mail all’utente B; la mail contiene tutte le rivelazioni sulle notti alcoliche dei Maccanici genovesi, con tanto di foto compromettenti allegate! Capirete bene! È meglio che non cada nelle mani sbagliate. Per fortuna, A e B sono entrambi in possesso di una coppia di chiavi GPG. E si sono scambiati le reciproche chiavi pubbliche (e solo quelle!).
L’utente A scrive il messaggio, vi appone la propria firma univoca, e all’atto di spedirlo ne cripta il contenuto usando la chiave pubblica di B. Tale messaggio potrà essere decifrato solo usando la chiave privata di B. 
La chiave privata di B è (per ipotesi) posseduta esclusivamente da B, il quale deve evitare di condividerla o perderla. In tal modo, solo il legittimo destinatario è in grado di leggere il contenuto del messaggio. 
In altro modo possiamo semplificare così. La chiave pubblica di B è come una cassaforte che può essere liberamente consegnata ad A.
L’utente A scrive la lettera, prende il foglio (lo firma) e lo chiude nella cassaforte. Adesso la cassaforte (di B) può essere fatta viaggiare in tutto il mondo, in modo sicuro, poiché solo B è in possesso della chiave, ovvero del codice che la potrà aprire, e avrà anche la possibilità di controllare se la firma di A è autentica.
Ma attenzione: il meccanismo è sicuro nell’ipotesi in cui le chiavi private non vadano perse o condivise; in tali casi, il meccanismo crolla!

Cosa ci serve:
– un programma di posta adatto: Mail o Thunderbird, per esempio.
GPGTools, 18,7 MB. Lo si scarica da qui: http://www.gpgtools.org. Con un doppio click su GPGTools.pkg ci chiede la password da amministratore e in solo colpo installiamo in Mac OS X il sistema di cifratura OpenPGP, i plugin aggiuntivi per Mail (per Thunderbird installare anche il plugin Enigmail), il pannello GPGTools nelle Preferenze di Sistema e infine il programma GPG Keychain Access.
-ovviamente gli strumenti (programma di posta, Pgp) devono essere installati sia da chi spedisce che da chi riceve.
Adesso che facciamo?

1) Creiamo il nostro set di chiavi: avviamo l’app “GPG Keychain Access”. In alto a sinistra c’è un simbolo della chiave con la scritta New. Un clic e inizia la creazione, il vostro Big Bang! Il programma vi avvisa: Generate a new key pair (state per generare una coppia di chiavi). Lasciate pure impostato il tipo su RSA default e la lunghezza a 2048. Se volete, potete dare una data di scadenza alla chiave, come per le mozzarelle (ma non è indispensabile). In Full Name scegliete se mettere il vostro vero nome o il vostro nick. Poi l’indirizzo mail associato e c’è spazio per un commento (facoltativo!). Scegliete con cura perché queste impostazioni (esclusa la data di scadenza) non saranno modificabili (almeno nei miei tentativi fatti… NdA). Siete pronti? ok, cliccate su “Generate Key”: una finestra consiglia di compiere delle azioni nel frattempo, al fine di migliorare l’interazione con il generatore di numeri casuali che lavora in background. L’altra finestra invece vi chiede una PASSPHRASE (che non è la password da amministratore). Più è lunga e complessa, più sicura sarà la vostra cassaforte. La data di nascita dei vostri figli oppure forzabrasile non lo è, mai! Inserite di nuovo la passphrase e date l’ok.
Ecco! Nella finestra dell’applicazione è apparsa la vostra coppia di chiavi. Nella colonna Tipo c’è scritto sec (ovvero secure), identifica la vostra chiave privata da custodire gelosamente.
Nella colonna ShortID c’è il numero univoco che la identifica. Adesso clic su Export e salvate la vostra chiave pubblica (solo quella) in un file ascii (“ShortID”.asc)

2) Aprite Mail. Sotto l’intestazione è apparsa una riga PGP. Create un nuovo messaggio a cui allegate il file .asc, cioè la vostra chiave pubblica. In pratica state inviando la “cassaforte” al vostro amico. Lui a sua volta userà GPG Keychain Access, tasto Import, e salverà così la vostra chiave pubblica sul suo Mac. Il primo passo è fatto, ora inizia il divertimento. (memo: dopo aver importato la chiave pubblica, è opportuno fare dal menu Messaggio > OpenPGP > AGGIORNA LE CHIAVI; oppure chiudere e riaprire Mail)

3) Il vostro amico, a sua volta, apre Mail per rispondervi, ma questa volta nella finestra del nuovo messaggio, metterà un flag su “Firmato” (per garantire la propria identità) e su “Cifrato”: nel menu a tendina sulla destra sceglierà la vostra chiave pubblica precedentemente importata. Finisce di scrivere il corpo del messaggio, di mettere gli allegati e quindi vi invia la mail criptata, chiusa nella “vostra” cassaforte.

4) Ecco, vi è arrivata una nuova mail, la selezionate, una riga con un bel lucchetto vi dice: “Questo messaggio è stato cifrato con PGP” e vi appare una finestra che chiede la vostra Passphrase, ovvero l’unica chiave che permetterà di leggere la mail. inseritela… et voilà! La cassaforte vi svela il contenuto: i nomi e la foto de iMaccanici ubriachi, addormentati con la testa sul tavolino… che figura!

Facile no? 
Qualcuno di voi, spero perdonerà la sintesi e la superficialità di questo tutorial. Poche righe per spiegare il “meccanismo” e le istruzioni minime per iniziare ad usarlo. Servirà invece da stimolo per chi, più curioso, vorrà approfondirne aspetti importanti, come ad esempio la ricerca o l’upload delle chiavi pubbliche sui “server delle chiavi”. A questo indirizzo potrete cercare e scaricare la chiave pubblica nientemeno che di Steve Jobs e usarla: “Caro Steve, ti scrivo dal mio Mac…”

Buone mail sicure a tutti!

Utility gratuita a riga di comando

Il primo pensiero che ho avuto è stato: ma io questa “cosa” come la presento ai miei 25 lettori? Ma soprattutto, come faccio a spiegarla senza spaventare molti utenti Mac(canici)?
Perciò mi rivolgo a Voi che non avete mai usato il Terminale: non scappate!
Dovete sapere che sotto il vostro scintillante Desktop, sotto le icone colorate, sotto i comandi “clicca e trascina”, sta battendo un purissimo cuore *x (Unix, Linux, BSD, OS X…) ovvero: molte delle cose che fate abitualmente, possono essere “ridotte” a semplici e meravigliosamente sintetici “comandi”. Per esempio, proprio in questo momento volete conoscere il contenuto della vostra cartella “Utente”.
Siete curiosi? allora nessun timore! Invece di aprire il Finder, lanciate l’applicazione Terminale e nella finestra azzurra che vedete scrivete ls e poi schiacciate il tasto invio.
Will Nolan, l’autore di CpuThrottle, ha fatto qualcosa di simile: il suo programma funziona proprio così. A questo punto, un po’ incuriositi, vi state chiedendo: ma insomma, perché costui si è dato tanto da fare, a che serve?
Il giovane (?) Will era solito usare il suo MacBook (immaginiamo un white in policarbonato) per fare operazioni pesanti e gravose, come la conversione video di Matrix da guardare alla tv dopo cena. Epperò si sa, il policarbonato scalda e magari si rovina pure. Come tutti noi aveva installato una qualche utility per regolare la velocità delle ventole: peggio che andar di notte! Il Macbook restava bollente e in più faceva pure il rumore di una Formula 1!
Ma il Genio è geniale per tautologica definizione e in una frazione di secondo ti capovolge il mondo intero: invece di aumentare la velocità delle ventole, decide che è meglio diminuire la percentuale di CPU che un programma può usare. Certo l’elaborazione impiegherà più tempo, ma così il computer rimane più fresco e si può continuare ad usarlo per altre operazioni. Semplice, in modo disarmante, tanto che mi chiedo come mai Apple non ci abbia già pensato.
E se ora avete anche deciso di usare CpuThrottle … un po’ di attenzione e seguite con me queste semplici istruzioni.
Scaricate il file compresso (formato *.gz) del programma dalla pagina dell’autore (il file binario cputhrottle.gz). Il nostro Mac OS X si è già occupato di estrarlo (se Safari è impostato in questo modo): prendete il file “cputhrottle” e trascinatelo sul vostro desktop. Adesso aprite l’applicazione Terminale (su forza, avete visto che non morde!) e scrivete questi comandi, facendo bene attenzione a maiuscole, minuscole punti e spazi. Ok, se volete fate copia e incolla!
Dopo ogni comando premete il tasto (invio)
cd ./Desktop (invio)
Bravi, vi siete appena spostati sul desktop, dov’è presente il file.
chmod +x cputhrottle (invio)
Con questo comando avete messo un flag al file e lo avete trasformato in un programma pronto per essere utilizzato (infatti noterete che l’icona è cambiata diventando un eseguibile).

Vediamo come lanciarlo, ma per prima cosa sappiate che per terminare il programma dovrete premere i tasti ctrl + c
Aprite l’app “Monitoraggio Attività”: nella seconda colonna c’è il nome del processo (software), nella prima colonna c’è il numero (IDP) che lo identifica: segnatevelo!
L’ho sperimentato con Burn che effettua la conversione video di un AVI in MPEG usando il programma FFmpeg, che nel mio caso aveva IDP 123 (al posto di 123 usate il vostro numero, che cambierà ogni volta).
Torniamo nel Terminale e usiamo il comando “sudo ./cputhrottle xxx yy” dove xxx=il numero del processo che volete controllare, mentre yy è la percentuale di CPU che gli consentirete di usare. Questo è l’unico momento in cui dovete fare attenzione, perché state per usare la password da amministratore (richiesta dal comando sudo – super user do – super utente comanda…) ed è meglio non applicare il comando ad un processo di sistema (esempio quelli identificati con l’utente root). Quindi, sapendo che il processo da tenere sotto controllo ha IDP numero 123 e vogliamo lasciargli solo il 25% della CPU, dovremo scrivere il seguente comando e schiacciare invio:
sudo ./cputhrottle 123 25 (invio)
Vi è apparsa la scritta “Password:”. Scrivete la password da amministratore (esempio: supermicio) e date invio. Quindi:
supermicio (invio)

Fermi! non imprecate… non dite che non è successo nulla… Se andate a controllare in Monitoraggio Attività, scoprirete che la % di Cpu usata dal processo FFmpeg è scesa a 25 come richiesto e infatti il vostro Mac sta tornando fresco e silenzioso..
Ora volete interrompere CpuThrottle? ctrl + c ed è fatta!

E che un pio Maccanico programmatore ci faccia il dono di un’interfaccia grafica o almeno di un Automator!

Gestione dei documenti in stile Apple

Come fa intendere il nome, iDocument è un software per la gestione dei documenti: pdf, file di testo, fogli di calcolo, disponibile sia in versione Mac che iPhone (questa è gratuita e permette di sincronizzare i dispositivi tra loro). Questo genere di programmi può essere molto utile a chi deve gestire, catalogare sfogliare e ricercare una discreta mole di documenti. Sul sito dello sviluppatore, nella pagina web di presentazione, viene infatti suggerito per il lavoro d’ufficio e per lo studio.
Il sito di IcyBlaze (anche se tremendamente lento) è in puro stile Apple, ed offre il download di una versione demo che si installa con un classico drag and drop. Al primo avvio chiede di inserire il codice oppure si può scegliere di provarlo per 15 giorni senza limitazioni; poi occorre fornire la password da amministratore per installare la funzionalità “iDocument helper”, utilizzata dal software per tener traccia in automatico delle modifiche apportate ai documenti catalogati.
L’impostazione grafica e la finestra di iDocument ricordano da vicino quella di iPhoto, per esempio. Il software permette di importare i documenti nella nuova libreria, scelta di default che è possibile modificare nelle preferenze.
Si hanno molteplici possibilità: scegliere una cartella da cui importare tutto il contenuto, trascinare singoli file o cartelle nella finestra del programma oppure sull’icona di iDocument. Infine il programma può monitorare in automatico una o più directory (di default quella di Downloads) e noi possiamo decidere cosa importare. Infine si può importare direttamente da scanner. Ovviamente è presente un’utile funzione di backup dell’archivio.
Ai documenti possono essere aggiunti tag (parole chiave), stelline, bandierine, etichette; possono essere cifrati (la parola chiave va impostata nelle preferenze); può essere usata la funzione quick look a cui siamo ormai abituati. Di conseguenza esistono una serie di filtri e di opzioni per catalogare o suddividere i file importati. Alcune collezioni sono preimpostate (per esempio a seconda del software usato per comporli: iWork, Microsoft Office, OpenOffice, PDF), ma tutto è personalizzabile, persino mediante la creazione di smart rules. Quasi tutte le funzioni (almeno quelle provate) funzionano per trascinamento. Inoltre i file possono essere inviati ad un computer in rete, oppure spediti tramite posta elettronica, ovvero possono essere messi in condivisione.
iDocument si è dimostrato veloce e maturo, ma con un evidente bug grafico nello scorrimento veloce dei file in modalità “raggruppamento automatico”, momento in cui il software va in crisi e stenta ad aggiornare la finestra, mostrando un fastidioso effetto a righe sovrapposte! Il valore aggiunto del programma lo troviamo nella sua flessibilità, nelle possibilità di personalizzazione di tag e smart rules, negli automatismi di importazione dei documenti. Consigliato a chi ha una grande quantità di dati da gestire e buona dimestichezza con l’inglese (il software non è localizzato in altre lingue, ma l’interfaccia si è dimostrata semplice e intuitiva).
Per contro si evidenzia un prezzo elevato (quasi 50 dollari per la licenza singola): chi ha minori esigenze e non teme un’interfaccia più spartana, preferirà indirizzarsi verso alternative gratuite come Calibre, peraltro disponibile in italiano e con numerose caratteristiche aggiuntive.