Dal crepuscolo del giorno, fino al crepuscolo della sera, un leopardo, negli ultimi anni del secolo XII, vedeva alcune tavole di legno, alcune sbarre di ferro, uomini e donne che si alternavano, un muro, talvolta un grondaia in pietra con delle foglie secche. Non sapeva, non poteva sapere, che anelava l’amore e la crudeltà e il caldo piacere della caccia e il vento che portava l’odore della selvaggina, però dentro di sé era inquieto e si ribellava e Dio gli mandò un sogno “Vivrai e morirai in questa prigione, perchè un uomo che io mi so ti possa vedere un numero determinato di volte e non ti dimentichi e ponga la tua figura e il tuo simbolo in un poema, che ha il suo posto preciso nella trama dell’universo. Patirai la prigionia però avrai aggiunto una parola al poema.” Dio, nel sogno, illuminò la brutalità della belva e questa comprese la ragione e accettò il suo destino, però solo gli rimase, quando si risvegliò, una oscura rassegnazione, una coraggiosa ignoranza, perchè la trama del mondo è troppo complicata per la semplicità di una fiera.
Anni dopo, Dante moriva a Ravenna, ingiustificato e solo come ogni uomo. In un sogno, Dio gli svelò il segreto fine della sua vita e del suo lavoro; Dante, meravigliato, seppe alla fine chi era e cosa era stato e benedisse le sue afflizioni. La tradizione riferisce che, al risveglio, sentì che aveva ricevuto e perduto una cosa infinita, e che non poteva recuperarne neppure un frammento, perchè la trama del mondo è troppo complicata per la semplicità degli uomini.
=Jorge Luis Borges, da “El Hacedor”=