2016: Addio anche a Fidel Castro

Per parlare di qualsiasi altra cosa che abbia poco o niente a che fare col mondo Mac :D

Moderatore: ModiMaccanici

kext
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Ma xcha, hai la coda di paglia? Ma ti senti sempre attaccato? Se vuoi posso attaccarti indirettamente su Morricone..

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mattleega
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Non serve attaccarlo, se vuole capire basta spiegargli le cose.
L'irruenza giovanile e la voglia di "partecipare ad ogni costo", spesso fanno danni.
...

L’inerzia soddisfatta dei cittadini è all’origine di quella incredibile malattia che è la servitù volontaria

E se vivremo, sarà per calpestare i re.

Una delle più importanti differenze tra uomini e animali è che questi ultimi non permettono, al più idiota tra loro, di diventare capo branco.

kext
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Spararle a zero su ogni cosa (es. Wikipedia) non mi sembra irruenza, ma recidività..

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mattleega
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E' ancora come una banderuola agitata dal vento e dalle dicerie di quelli (sedicenti) grandi.

Fa sue le altrui opinioni e, se sono stronzate che sembrano grandi, meglio.
Tra qualche anno spero riesca a crearsi un sottofondo solido dal quale partire per formarsi opinioni Sue.

Spero di non sbagliarmi riponendo in lui troppa fiducia.
...

L’inerzia soddisfatta dei cittadini è all’origine di quella incredibile malattia che è la servitù volontaria

E se vivremo, sarà per calpestare i re.

Una delle più importanti differenze tra uomini e animali è che questi ultimi non permettono, al più idiota tra loro, di diventare capo branco.

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faxus
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xChApPiR ha scritto:... Metá delle persone l'hanno salutato con la frase "un comunista in meno"...
Metà delle persone sono superficiali e semplicemente e stupidamente cattive.

Fidel Castro non era comunista.

O se lo fosse stato non avrebbe importanza comunque.
Sicuramente era meno comunista del Che, ma anche questo ha scarsa importanza.

Le etichette sono uno strumento di comprensione delle intelligenze semplici e uno strumento di liquidazione retorica degli avversari.
Tu non hai vissuto gli anni in cui estremizzando e svilendo le personalità e le particolarità si liquidava un avversario con poco.
Gli si impediva di avere la dignità di confronto e di partecipazione.

Quando si voleva impedire a chicchessia di poter competere alla pari gli si dava del fascista, comunista, frocio, negro, storpio, terrone, troia e via svilendo ed insultando.
Oggi la correttezza di comportamento, nella falsa e ipocrita definizione di politically correct, impedisce di usare termini dileggianti della religione, razza, salute e preferenze sessuali.

Comunista e fascista sono rimasti, invece.
E se ne fa ancora un largo uso.

Quasi mai con esattezza.
Quasi sempre per escludere qualsiasi altra considerazione

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D'accordo faxus, grazie per il chiarimento.

Non si tratta di avere la coda di paglia, accogliendo anche il "se mi permetti" di Susanna, chiedo scusa se il mio precedente intervento abbia infastidito qualcuno.

Buona domenica.

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mattleega
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Ciappi, hazz, non devi scusarti se ha infastidito qualcuno, devi chiederti se il tuo commento era ponderato, circostanziato e documentato.

Comunque tu esponga le cose, infastidirai sempre qualcuno.
...

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Peppiniello
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Susanna ha scritto:Grazie mille a Peppiniello per i link! ..................................
Prega! :D

E così seguito a condividere quello che ritengo valga la pena... Me l'ha segnalato il mio carissimo amico Pino, con la nota: - Leggere tutto prima di pensare, è quasi un acido. -

... Ed è vero! Molto acido, nel senso sia di acidità critica che di psichedelico... Le basi per la maggior approssimazione al reale come verità! :wink:

Omaggio a Fidel

Lui ha preso un popolo costretto a passare da una bandiera all'altra e ne ha fatto una cosa diversa: il popolo che ha vinto

di Lia De Feo

http://megachip.globalist.it/Detail_New ... ?ID=126904" onclick="window.open(this.href);return false;
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tighine
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Ciao a tutti.

Mi fa piacere riscontrare che su questo forum gli avvenimenti della storia lascino il segno, e che rivelate sempre profonda intelligenza e sensibilità.

Ciò posto, una volta tanto mi pare che il povero Ciappi non abbia "straparlato" poi così tanto. In fondo ha detto solo che morire a 90nni é una "bell'età", e ciò é indubbiamnete vero. E che non é mai un segno di buonafede o superiorità intellettuale il fatto che qualcuno senta il bisogno addirittura di esultare davanti alla morte di una persona che - nel bene e nel male - ha messo in gioco tutta la sua vita per ciò in cui credeva.

"Chi cerca la sua vità la perderà, e chi la perde [in nome mio] la ritroverà".

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iPep
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hasta la victoria siempre!!

e mille grazie a Peppiniello per i link. soprattutto per quello del meraviglioso pezzo del meraviglioso Gianni Minà
(tra l'altro ha il doppio merito di farmi sempre tornare in mente Massimo Troisi con la battuta dell'agendina telefonica... e vai con la doppia lacrimuccia)
iPep
Ogni mattina mi sveglio nei panni di un imbecille... e cerco per tutto il giorno di uscirne. (Le Corbusier)
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Bonnie3
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xChApPiR ha scritto:.
Va bene piangere ma fino ad un certo punto per una persona di 90 anni.
.
ti auguro di non dover provare il dolore di chi piange una persona nonostante i suoi 90 anni.
Il dolore non ha età, l'affetto neppure.
Il cervello, però, deve restare sempre collegato alla lingua prima di parlare...a prescindere dall'età.
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mauripucci
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grazie a Frag®ua e a Peppiniello, per il ricordo del "comandante" Fidel

aggiungo solo una breve "riflessione" su Cuba "castrista" di un "non comunista":

“Questo a Cuba non è possibile”, di Nando Della Chiesa
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/13/" onclick="window.open(this.href);return false;“questo-a-cuba-non-e-possibile”/324691/

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mauripucci ha scritto:.............
“Questo a Cuba non è possibile”, di Nando Della Chiesa
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/13/" onclick="window.open(this.href);return false;“questo-a-cuba-non-e-possibile”/324691/
Grazie a te per quest'altra testimonianza semplice e "non schierata".

... Tra l'altro m'ha dato, segnalandola sul mio G+, l'occasione di citarvi, tutti, cari amici maccanici! :D

https://plus.google.com/+PeppeDiSanto/posts/EbVVr2bVaWG" onclick="window.open(this.href);return false;
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http://www.rifondazione.it/primapagina/?p=26651" onclick="window.open(this.href);return false;

Vi propongo il video originale e, al link, la traduzione dattiloscritta in italiano del commovente discorso finale di Raul Castro alla cerimonia di tumulazione dell'urna con le ceneri del fratello, l'ormai eterno Comandante Fidel, nella storica, e sacra alla Rivoluzione cubana, città di Santiago de Cuba. Nell'impressionante assorto silenzio di una folla di popolo immensa.

Discorso di una intensità semplice e chiara con una pregnanza inusitate alla politica contemporanea a qualsiasi latitudine e che contiene la dura gemma della comunicazione al popolo dell'ultima volontà di Fidel in punto di morte: l'assoluto divieto di qualsivoglia monumento, intestazione, iniziativa che neanche lontanamente possano essere associati all'altrimenti usuale, in questi casi, culto della personalità… Una mossa ed un gesto che rivelano una volta di più la grandezza umana, intellettuale e culturale, prima che sociale e politica, di questo gigante della storia dell'umanità: con una semplice mossa mette in scacco a 360 gradi tutti i nemici suoi e della rivoluzione, mettendo nel posto più sicuro le conquiste della lotta passata e di quella futura per la costruzione di una patria umanamente socialista in un mondo di abominio capitalista: affida la sua memoria al cuore, allo spirito, alla mente ed al corpo fisico di ogni cittadino cubano che, così, si trova affibbiate, e senza possibilità di scuse e fughe, la responsabilità e le chiavi interpretative della propria esistenza da uomo libero nella costruzione del proprio presente e futuro. Altro che burocratiche gerontocrazie da vecchia cortina di ferro...

Un colpo assoluto di:

- Classe - Genio - Saggezza antica - profondissima e vera Cultura umanistica - anche con un ufficio di sciamanesimo…

Chapeau!!!
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Questa storia non la conoscevo proprio e mi sembra giusto segnalarla anche qui, a voi amici maccanici che avete seguito questo memorial per Fidel:

da "il manifesto" di Sabato 10 Dicembre 2016, ultima pagina "storie", di Hernando Calvo Ospina, giornalista, scrittore e regista colombiano con la traduzione di Marianna De Dominicis

http://ilmanifesto.info/il-companero-del-flamenco/" onclick="window.open(this.href);return false;

Il compañero del flamenco

Storie. Gloria artistica e militanza politica del grande ballerino e coreografo spagnolo Antonio Gades, che amò la danza e la Rivoluzione cubana, in cui vide realizzati i suoi ideali

Immagine
Antonio Gades con Cristina Hoyos in una scena del film di Carlos Saura «Bodas de Sangre» (1981), tratto dall’omonimo balletto, basato a sua volta sull’omonima tragedia di Garcia Lorca

Antonio Esteve Ródenas nacque a Elda, Alicante, il 14 novembre 1936. Suo padre non c’era: era partito per lottare contro le forze di Francisco Franco. I franchisti vinsero e la famiglia dovette trasferirsi nella capitale quando la povertà, con la quale già i Ródenas convivevano, diventò miseria.

A 11 anni, Antonio lavorava per aiutare il reddito familiare. Il periodo più difficile fu quando faceva i turni di notte in una tipografia e la mattina andava su e giù per i vicoli a vendere frutta. Cercò di diventare pugile, torero e ciclista. «Mi sarebbe tanto piaciuto studiare, ma non ho potuto. Quanto alla boxe, lasciai perdere al primo pugno incassato», dichiarò a un giornalista molti anni fa.

«Come ciclista ero bravo, ma mi misi a ballare, anche se non sono gitano né andaluso», continuava. Durante l’adolescenza, sua madre lo iscrisse a una scuola di flamenco, mentre lui pensava ancora alla tauromachia. Finché un giorno l’insegnante, coreografa e ballerina Pilar López si accorse delle sue qualità e gli parlò molto seriamente: «Guarda, non discuto che tu possa diventare un grande torero, ma sono sicura che potrai essere un grande ballerino. Però se nella corrida un toro ti incorna, addio ballerino e addio torero».

Così cominciò la carriera di Antonio Esteve Ródenas. Fu Pilar a convincerlo a chiamarsi Antonio Gades, e a insegnargli a vestirsi, ad amare la letteratura, a studiare il flamenco e i vari stili musicali spagnoli. E a combinare l’eleganza del balletto con il garbo del flamenco. Ma soprattutto, «mi ha inculcato la dignità. Il rispetto e la cultura di un popolo. E mai smettere di imparare». Ben presto il giovane Gades arriva al successo, sui palcoscenici di mezzo mondo.
Legge García Lorca, fra un’esibizione e l’altra. E cresce la sua coscienza politica, trasmessagli dal padre muratore. Racconta così il suo primo incontro con la realtà politica del franchismo: «Nel 1965 mettemmo in scena Don Juan (…). Salii sul palcoscenico e iniziai dicendo: “Dammi del vino, mia giovane amata, perché quando inizia il giorno vale molto di più il rutto di un ubriaco della preghiera di un ipocrita”. Immaginatevi che scalpore! Mi diedero una tal botta».

Nel 1969 realizzò la coreografia di El amor brujo, che portò in diversi paesi. Infatti, oltre che ballerino, è stato coreografo. Nel 1978 creò il Ballet Nacional Español, che diresse per tre anni, finché capì che questo incarico lo confinava e consumava il suo spirito creativo. Se ne andò armi e bagagli a formare una propria compagnia: la libertà di creare e fare era infatti il suo principio guida. Arrivò ad avere quaranta artisti nella compagnia, senza sovvenzioni pubbliche. Non le voleva, perché «la libertà costa soldi, nessuno te la regala, disse in un’intervista, ma così possiamo ballare quel che vogliamo, con chi vogliamo, dove e quando vogliamo. Che ricchezza la libertà!».

Nel novembre 1975, poco dopo la morte del dittatore, nello Stato spagnolo inizia timidamente la cosiddetta «transizione»; si apre una finestra di possibilità sul piano politico e culturale. E quello che già molti sapevano, il pensiero marxista di Gades e il suo appoggio all’indipendenza catalana, diventa noto a tutti. Egli inizia a militare nel Partido comunista de los pueblos de España, Pcpe, diventando membro del Comitato centrale fino alla morte.

Con la sua compagna, l’attrice e cantante Pepa Flores, meglio nota come Marisol, partecipò attivamente alle mobilitazioni contro la Nato e in appoggio alle lotte sindacali e sociali. In un’occasione, Marisol, con Gades al suo fianco, dichiara alla televisione: «Siamo qui per appoggiare e dar forza, grazie alla nostra popolarità, ai compagni e alle compagne». Marisol dona al Partito il ricavato della vendita di targhe e premi in oro e metalli preziosi, che le avevano assegnato il dittatore e il suo regime durante la sua carriera, da quando era la «bambina prodigio», l’icona franchista. La coppia si separa nel 1986, dopo 13 anni di vita intensa. Gades ha sempre riconosciuto in Marisol il grande amore della sua vita, pur fra varie mogli e fidanzate.

Negli anni 1980 esce, diretta da Carlos Saura, la trilogia Bodas de sangre (1981), Carmen (1983) e El amor brujo (1986). La sua ultima produzione come coreografo è del 1984, Fuenteovejuna, adattamento di un’opera di Lope de Vega.

Vinceva, o almeno non perdeva, tutte le lotte intraprese. Ma perse l’ultima, contro il cancro. Morì a Madrid il 20 luglio 2004, a soli 67 anni. Lasciando incompiuto uno dei suoi sogni: realizzare la coreografia di Don Quijote.

Molte persone avrebbero voluto dargli l’ultimo saluto, ma per sua volontà, solo l’ultima moglie e i figli lo hanno visto morto. È stato cremato il giorno seguente. E, per la sorpresa generale, sempre su sua richiesta, alla cremazione ha potuto assistere solo il corpo diplomatico dell’ambasciata di Cuba. Il 22 luglio 2004, le sue ceneri sono partite per L’Avana.

Un gesto che si comprende meglio leggendo, in un’intervista a un giornalista cubano, nel Natale 2003, la seguente frase: «Cuba non è una semplice avventura. È il porto della mia vita».

Gades si era recato a Cuba per la prima volta nel 1975. Aveva appena sciolto la sua compagnia di ballo per protesta contro le esecuzioni perpetrate dal franchismo nel settembre 1975. Aveva deciso anche di lasciare la danza. A Cuba lo aveva invitato Alfredo Guevara, fondatore dell’Istituto cubano per l’arte e l’industria cinematografica, Icaic. Egli dirà poi che visitare quest’isola rivoluzionaria era stata la sua «massima aspirazione per molti anni». Là si sentiva «il figlio di un combattente dell’Esercito repubblicano che vede realizzato il sogno di suo padre». Da allora, andò spesso a Cuba.

In varie occasioni riconobbe che la sua passione per la Rivoluzione cubana era iniziata già nel 1959, con l’arrivo al potere di Fidel Castro e dei suoi barbudos. Suo padre gli aveva detto: «Se la loro vittoria dà tanto fastidio a Washington, vuol dire che di loro ci si può fidare».

Nel suo primo viaggio a Cuba, la nota danzatrice e coreografa cubana Alicia Alonso lo convinse a continuare con la danza. Così, con Alicia e il suo corpo di danza partecipò a diversi progetti e tournées. Le prime esibizioni del Ballet Nacional de España furono a Cuba: «Non è un caso che io cominci qui, perché ho sempre sentito un amore speciale per Cuba», spiegò. Nel 1982, Fidel Castro e Alicia Alonso furono i testimoni delle sue nozze con Marisol, con la quale aveva già tre figli.

A Cuba Gades concepì, realizzò e mise in scena il suo ultimo grande successo, Fuenteovejuna. Era l’inizio degli anni ’90, quando nessuno scommetteva sulla sopravvivenza dell’isola cubana, visto l’isolamento nel quale era piombata dopo la dissoluzione del campo socialista dell’Urss e dell’Europa orientale: «Fuenteovejuna è una lezione di solidarietà. Come Cuba.»

Nel 1996 fece visita ai soldati cubani di stanza ai confini con la base navale di Guantánamo, illegalmente occupata dagli Stati uniti. Con loro condivise il pranzo, scarso e modesto visto il persistere della terribile crisi economica, ma improvvisò anche una danza con i suoi ballerini, rispondendo ai canti dei soldati che scandivano il ritmo battendo le mani. Il pavimento, caldissimo, fungeva da palcoscenico.

Il 5 giugno 2004 Gades ricevette dal presidente Fidel Castro la massima decorazione concessa dal Consiglio di Stato, l’Ordine José Martí. Come riconoscimento al suo «contributo alla cultura universale», e per l’«amicizia e fedeltà sempre dimostrate al popolo cubano e alla sua rivoluzione».

Felipe Pérez Roque, all’epoca ministro degli affari esteri, ricordò nella cerimonia semplice e intima che in quei terribili anni 1990, «quando sembrava che la rivoluzione non sarebbe stata in grado di far fronte agli enormi pericoli che aveva di fronte, si dimostrò disposto non solo a fornire somme di denaro, a difendere pubblicamente Cuba in ogni occasione, ma a offrire la sua stessa vita». Il ministro precisava anche che l’onorificenza era soprattutto «un riconoscimento all’irriducibile comunista, al rivoluzionario che non ha mai perso l’illusione di un mondo migliore e che non ha smesso di lottare per quell’obiettivo». Rivelando quello che pochissimi sapevano: Gades era militante del Partito comunista di Cuba da molti anni: «Uno dei militanti che danno lustro al nostro Partito, che fu di Che Guevara».

Gades era accompagnato da alcuni famigliari stretti. Alla cerimonia partecipavano alcuni fra i suoi amici cubani, come l’allora ministro delle Forze armate Raúl Castro e quello degli interni, Abelardo Colomé. Gades si rivolse a Fidel e Raúl: «Caro Comandante en jefe, caro ministro, non mi sono mai sentito un artista, ma solo un semplice militante con una divisa verde oliva e un fucile in mano per essere sempre ai vostri ordini».

Il «compañero Antonio Gades» disse anche: «Sono io che devo ringraziare la vostra rivoluzione, che come sapete è anche la mia. La rivoluzione mi ha confermato che i miei ideali rivoluzionari non erano sbagliati né dipendevano dal romanticismo giovanile, come qualcuno voleva farmi credere».

Ecco perché non è un caso che le sue ceneri si trovino a Cuba. E nelle sue ultime volontà, scritte il 14 luglio 2004 dal letto di morte, su un foglio di carta intestata dell’ospedale, si dirigeva a Raúl Castro: «Mia moglie Eugenia e le mie figlie María, Tamara e Celia le consegneranno le mie ceneri. Ne faccia l’uso che ritiene più giusto. Non avrei mai immaginato di avere l’onore di averla come amico, ma da quando l’ho conosciuta lei è dentro di me, la sua fermezza, il suo esempio di vero comunista e la sua fedeltà al nostro Comandante. Voglio che lei sappia che mi dispiace solo di non aver fatto di più per la rivoluzione…».

L’urna con le ceneri fu custodita da una guardia d’onore in uno dei saloni del ministero delle forze armate rivoluzionarie. Nel marzo 2005 è stata trasferita nel mausoleo sulla cordigliera della Sierra Maestra, nella parte orientale di Cuba, culla della rivoluzione. Là sono sepolti i guerriglieri che combatterono insieme a Raúl Castro nella lotta contro la dittatura di Batista. È stato lo stesso Raúl a deporre l’urna nel monumento. Gades ha ricevuto onori militari degni di un combattente di alto grado: tre salve e l’inno dell’Internazionale.

Una delle figlie di Gades ricorda la sua espressione quando, già moribondo in ospedale, seppe che le sue ceneri avrebbero riposato accanto ai guerriglieri del suo amico Raúl: «L’ho visto felice. Orgoglioso. Un grande onore per lui, perché Cuba era il suo riferimento».

Dal 2007, la piazza della Cattedrale, al centro storico dell’Avana, ospita una scultura in bronzo del grande ballerino spagnolo. E, perché no, del rivoluzionario cubano. Chi aveva chiesto a Gades che cosa avesse fatto dietro le quinte per la rivoluzione cubana, dice che alla domanda aveva sorriso e gli erano brillati gli occhi.

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