USGS:
http://earthquake.usgs.gov/earthquakes/ ... 00731j#map" onclick="window.open(this.href);return false;
Mi permetto di esprimere una mia personalissima teoria:
la linea rossa che vedete nel grafico di sovrapposizione storica dei tellurismi italiani é la cordigliera di compressione afro-eurasiatica (la zona di scontro tra le placche continentali).
I momenti vettori delle forze che si sprigionano dai movimenti delle masse continentali creano subsidenza, schiacciamento e soprattutto faglie-pieghe (sia per compressione/sovrapposizione, che per "carreggiamento", anticlinale e sinclinale).
http://www.crestsnc.it/divulgazione/med ... sto6-3.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;
L'Appennino é il punto di cerniera/scontro di queste forze, da cui esso stesso é nato. Semplificando, é un bordocosta di un mare cremoso e vischioso su cui "galleggiano" le zolle continentali. E' la scogliera dove sbattono e s'infrangono ondate telluriche di dimensioni e forza estremamente variabili, ma costantemente presenti tanto quanto le onde del mare.
(Tra l'altro, sarebbe da riparlarne a proposito delle piattaforme petrolifere in Adriatico, nonostante il referendum fallito).
Le due placche sono da sempre in attività, ma recentemente sembra che essa si stia alquanto vivacizzando. I dati si raccolgono da troppo poco tempo, ma la maggior parte delle misurazioni dei rilievi orografici a microonde e via satellite rivelano - almeno negli ultimi vent'anni - una serie di lievi e costanti sollevamenti, di qualche mm l'anno, di tutta la dorsale appenninica e particolarmente di quella umbro-marchigiana e marsicana, con alternanza di periodi di riduzione e soprattutto improvvisi collassamenti.
Ad esempio, un ciclo sembrò culminare nel 2009 col terremoto dell'Aquila.
Le faglie di questi mesi sembrano degli scivolamenti in basso di aree friabili sottocrosta, che nello sprofondare trovano improvvisi punti più rigidi in cui "s'incastrano". Lo "strappo" determinato da tale improvviso "impigliarsi" (e quindi arrestarsi improvvisamente) si ripercuoterebbe dunque in superficie sotto forma di vibrazione repentina: il terremoto comunemente detto.
Siamo destinati ad osservare sempre più frequentemente nuovi tellurismi significativi, nelle stesse aree.
Purtroppo, sia nel mondo scientifico che in quello amministrativo e di governo, non vi é ancora sufficiente consapevolezza delle dimensioni reali del fenomeno, a causa delle evidenti macroimplicazioni socio-economiche: mi duole dirlo, ma quel territorio va completamente abbandonato.
Oppure ristrutturato profondamente ed adeguatamente con tecnologie radicalmente innovative e legate alla ns. specificità (al minimo, meno cemento e più legname).
Fu detto (e fatto) per e con ben altre intenzioni, ma quando per l'Aquila si vagheggiò delle cd "new town", probabilmente furono usate per propri fini (cioé snaturate) alcune informazioni di provenienza scientifica.
Il tanto abusato mito del Giappone che sa affrontare vita natural durante i terremoti, ad esempio, non spiega mai che in realtà - molto semplicemente e logicamente - loro abbandonano tutte le zone di crollo, ricostruiscono altrove (però con concetti ogni volta aggiornati, ed é questa la principale differenza con noi, che non possiamo per altri motivi), per poi nel frattempo cercare di riutilizzare i territori precedenti. Gli edifici storici originali, nelle isole del Sol Levante, li conterete sulla punta delle dita, in quanto praticamente tutti ricostruiti (sono bravissimi a fare le cose tal quali gli originali, come tutti gli orientali... China Export docet!).
In questo martoriato Stivale, più che la stravaganza degli archistar alla Renzo Piano, occorre mischiare sapientemente il recupero di tradizioni storiche della montagna (alla tirolese) con i più recenti indirizzi in tema di bioedilizia, ecocompatibilità e tecnologie alternative.