Hammarby ha scritto:Ma qual'è il motivo per mettere un film in lista?
Tecnico?
Emotivo?
Il film vi ha dato qualcosa?
Lo chiedo perché nell'altro thread, quello sui film stranieri, mi sembra che il trend sia o il marchio (tutti i film di Tizio) oppure la tecnica (qui Caio ha fatto bene questo).
La risposta potrebbe non essere univoca, come per innumerevoli altre preferenze (non esclusivamente filmiche).
Esempio:
ne "La casa dalle finestre che ridono", c'è una minuta scena nella quale il protagonista, trovandosi di fronte alla facciata dell'abitazione in questione, rimane terrorizzato/affascinato dalle bocche disegnate intorno alle persiane e, come contraccolpo immediato alla paura, gli viene quasi da ridere.
Quella scena vale tutto il film ché, chi si è trovato ad avere davvero paura nella vita, la avverte di rimando come reazione autentica, la
riconosce.
Ma questa particolare sequenza avrebbe avuto il medesimo impatto emotivo se privata di tutti gli eventi che l'hanno preceduta (dialoghi, ritmo, fotografia, musica, regia), caricandola gradualmente?
Non credo (o forse non mi piace credere) che l'affezione ad alcune opere che ci hanno accompagnati (o che ci accompagneranno) sia dovuta ad una dissezione anatomica distribuita in definizioni tecniche quali "la regia, in questo punto" o "la fotografia, in quest'altro" o ancora "l'interpretazione di caio", et cetera.
Fido sia un'assommarsi dell'impatto emotivo generato da svariati elementi, da una sorta di
impronta tanto potente da funzionare però anche in slegato e che difatto conduce, paradossalmente, a notifiche concernenti gli appunti tanto sgraditi sopra menzionati che, avversione nonostante, ci si ritrova comunque (e giustamente) ad esprimere con frequenza.
Come disegnatrice posso venire "risvegliata" dall'abilità strutturale/compositiva/fotografica di un'opera, come burlona da sceneggiature singolarmente spassose, come musicista dal ritmo e dalle prospettive temporali che lo governano, come lettrice essere colpita invece dalla capacità di un autore (o interprete) di portarmi in un territorio visitato, familiare, o in un altro totalmente ignoto ed inospitale o in luoghi tanto alieni e straordinari da farmi dimenticare persino la definizione stessa di ambiente finora conosciuta, e via dicendo.
E fido questo capiti a tutti, disegnatori/lettori/scrittori/musicisti/burloni o meno, perché esistono corde che, se tirate (o funambolicamente sospese), riescono a condurre in posti dove i motivi (seppure responsabili del nostro spostamento) smettono di essere rilevanti (al pari del nome del regista).