Le font non sono mai banali, nel senso che lo diventano per un uso troppo frequente.ilario_seb ha scritto:... Credi che l'open sans stia diventando un pò banale? D:
Tu cosa mi consiglieresti, perché e in base a cosa? (magari riesco anche ad arricchire di un po le mie conoscenze sui font...
Pur potendo essere una font banale, nel senso che è nata così, con poco carattere (scusate il gioco di parole...).
La font sono sempre, quelle tradizionali, ben fatte e usate dai professionisti, sempre belle ed elegantissime.
A questo punto farei una digressione, pur non essendo un maestro come Oscuro, per un cenno di cultura tipografica.
Che sicuramente mi verrà corretto...
Innanzitutto sono le font, non i font, font è una parola femminile.
Non è infatti la versione italiana di carattere, il cui termine in inglese, nel senso di trasposizione grafica di un alfabeto, è typeface.
(Anche se, nell'uso comune improprio, ormai molti usano il maschile, ma è un errore concettuale più che grammaticale)
Una raccolta delle varie lettere, numeri, punteggiatura, ideogrammi o segni dell'alfabeto, i glifi, di un carattere, una volta erano in piombo (in realtà c'era anche stagno, antimonio e forse altro).
Quindi venivano fusi, dal latino fondere, per realizzare una forma mobile atta comporre una riga tipografica..
In particolare la parola ebbe radice in fonte, equivalente all'italiano moderno, poi in found e infine font.
Ma che cosa ha a che fare con il termine che usiamo correntemente nel nostro campo, quello digitale, lo vedremo dopo.
Typeface, come detto sopra indica un'intera famiglia di caratteri (il carattere), nei suoi vari aspetti (tondo, corsivo, grassetto...), grandezza (corpo) ed eventuali variazioni stilistiche (con o senza grazie).
Per esempio, Helvetica, Garamond e qualche altro migliaio di nomi...
Un insieme omogeneo e completo di glifi, è una polizza (tipografica, per disambiguizzarla dal termine comune che significa più o meno contratto con impegno di pagamento).
Una volta le valigette tipografiche contenenti in numero differenziato le diverse fusioni erano chiamate polizze, e così le chiama ancora qualche vecchio tipografo dell'era predigitale.
Anche i francesi la chiamano in un modo simile, police d’écriture.
Ma non gli inglesi e quindi gli americani, alle prese con i primi caratteri digitali hanno preferito usare il termine fusione, quindi font e non typeface, per indicare la polizza tipografica elettronica.
E qui, racconteremo un pezzo di storia "nostra".
Quando un anonimo traduttore fu chiamato alla fine del 1983, a tradurre un nuovo sistema operativo, si trovò di fronte ad alcuni vocaboli inusuali.
Come file, drag & drop, copy, paste e anche font, che nel MacOS System 0.1 (era la beta del 1.0), era la valigetta dei caratteri digitali (Chicago, New York, Monaco, Geneva disegnato da Susan Kare, la stessa che ha disegnato il mio avatar, ed altri).
Non sapendo come sbrogliarsela lasciò alcuni nomi com'erano, poi negli anni presero una traduzione corretta.
Font rimase font, pur potendo essere tradotto correttamente in polizza o meglio ancora fonte, entrambe comunque, al femminile