in morte di Gianmaria Testa, sia la sua musica viva!

Qui trovate tutto quanto si esprima con le note, le parole o le immagini.

Moderatore: ModiMaccanici

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Peppiniello
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Piango la prematura dipartita di un vero compagno e fratello che ebbi il privilegio di scoprire, conoscere e frequentare fugacemente svariate volte in piacevoli ed affettuosi momenti di intimità e convivialità prima e dopo suoi indimenticabili concerti, dagli albori della sua attività di cantautore fino a qualche anno fa... Oltre che quasi la stessa età (lui del '59, io del '57), le stesse umili origini e memorie familiari e sociali, i simili percorsi esistenziali da giovani e le basiche comunanze di umanità, di poetica e di politica, ci univa l'originale e matura scelta esistenziale e filosofica di provare ad affrontare un percorso artistico in rigorosa libertà e totale indipendenza senza rinunciare ad una vita normale svolgendo dignitosamente e con orgogliosa umiltà un lavoro normale: le comuni radici ferroviario-anarchiche di fine '800, primi '900 si erano manifestate in noi due anche così!*



Vi propongo un bel ricordo del critico Guido Festinese da "il manifesto" di oggi, Giovedì 31 Marzo 2016:

http://ilmanifesto.info/gianmaria-testa ... -e-poesia/" onclick="window.open(this.href);return false;

che per condivisione vi copio ed incollo qui:

Gianmaria Testa, una voce tra impegno e poesia

Morto a 57 il cantautore cuneese. Sapeva trovare le parole giuste, sia che cantasse di migranti o e della necessità di conservare la memoria storica

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«Eppure lo sapevamo anche noi l’odore delle stive, l’amaro del partire, lo sapevamo anche noi. E una lingua da disimparare e un’altra da imparare in fretta prima della bicicletta, lo sapevamo anche noi. E la nebbia di fiato alle vetrine, il tiepido del pane e l’onta di un rifiuto. Lo sapevamo anche noi questo guardare muto». Sono parole dedicate allo scrittore amico Jean Claude Izzo, le trovate in una canzone disseccata e meravigliosa che si intitola Ritals, su un disco che, a sua volta, si intitola Da questa parte del mare. E che il 19 aprile prossimo sarà anche un libro pubblicato da Einaudi. Parole che andrebbero scolpite sui muri e nelle coscienze, perché invece «l’amaro del partire» è diventato, nella Fortezza Europa, filo spinato, muri alzati, e la voglia spietata e sinistra di «non lasciarsi commuovere dagli occhi dei bambini migranti», come si sente dire in giro da qualche politico.

Gianmaria Testa ha perso la sua battaglia fiera e dignitosa contro un cancro non curabile, ma ci lascia parole come quelle che abbiamo segnalato in apertura di questo ricordo. Che dovrebbe e vorrebbe essere pudico e sottovoce come il suo protagonista, il piemontese cinquantasettenne con gli occhiali tondi, i baffi, e la voce bella e amara screziata da troppe sigarette e dalla fatica, sempre, di trovare le parole giuste. Perché Gianmaria Testa l’aveva scoperto, il piccolo segreto di Homo Sapiens: che siamo creature costruite sulle storie, e che le storie le costruiamo per lasciarle alla generazione che verrà e che ne sarà formata.



E sono favole, canzoni, racconti di dignità da non perdere e di dignità da ritrovare, come quella dei migranti a cui Testa regalò le parole del suo disco più bello. Tra le moltissime riserve di dignità di un uomo che aveva sempre tenuto la schiena dritta, anche in un mondo fatto di ammicchi e piccole concessioni «al mercato», quello della canzone d’autore, piace ricordarne una speciale. Gianmaria Testa non era contattabile e reperibile per spettacoli il giorno del 25 aprile, la festa degli italiani con la schiena dritta.

Era sempre in uno di quei santuari civili del suo Piemonte a cantare per i partigiani e a ricordare che se lui aveva avuto la piccola grande fortuna di poter tenere una chitarra in mano per raccontare le proprie storie in libertà, era per via di quei ragazzi che avevano rischiato e spesso perso la vita nella prima metà del secolo breve e spietato, il Novecento. Una religione civile che non ammetteva deroghe. Perché Gianmaria Testa, che all’inizio molti confusero, per snobismo e supponenza, solo con un bizzarro piemontese innamorato degli chansonniers cugini d’Oltralpe, una specie di Paolo Conte in minore, era una specie di roccia lucida e intransigente, quando si trattava di prendere posizione.

Il suo impegno era quello di una persona che non aveva mai perso i punti di riferimento della dignità civile: il valore del lavoro messo sotto scacco come fosse un orpello o un privilegio occasionale, il rispetto per gli altri, in primis quelli che vanno a cercare fortuna dove possono, perché gli esseri umani, come dicono gli antropologi, hanno i piedi per muoversi, non le radici, la necessità della memoria. Triade spessa assai, ma che in Testa decantava in voli di sublime, compatta leggerezza: perché Gianmaria Testa entrava sui palcoscenici e nelle cose da descrivere in punta di piedi, ma poi sferrava offensive di intelligenza poetica ai bordi della visionarietà. Ad esempio: non c’era quasi concerto in cui non riproponesse Miniera, la canzone sul minatore migrante che salva tutti gli altri, ma non se stesso, e che nelle mani di un altro sarebbe sembrata solo retorica da cartolina pencolante sui tre quarti di un valzerino.

Ad esempio: il ripercorrere qualche traccia lasciata dai passi di Fabrizio De André, restituendo ispida selvatichezza all’Hotel Supramonte. O accennando una canzone dimenticata ma costruita con pezzi di memoria sul palco dei teatri a fianco dell’amico di sempre, Erri De Luca, per raccontare le storie dello sconfitto ma «invincibile» Don Chisciotte. Con accanto, anche , l’altro amico il clarinettista jazz Gabriele Mirabassi.

Gianmaria Testa non ha mai avuto i grandi numeri nelle classifiche, ma neppure l’urgenza di fare uscire dischi a comando, perché il mercato li richiede. Scriveva e registrava quando aveva qualcosa da dire. Piace ricordarlo con l’uniforme da capostazione, in Piemonte, a scrivere nelle sere gelide le storie di mongolfiere e barchette di carta, e poi trovare la voglia e il coraggio di dire addio anche a quello, allo stipendio che arrivava tutti i mesi, e mettersi in gioco totalmente. Certo, il pubblico francese ed europeo s’era accorto di lui ben prima che gli annoiati italiani con buona dose di spocchia verso i cantautori.

Lui non se ne curava, e dopo aver flirtato con i ricordi della canzone francese e dello swing, aveva trovato la sua strada vera, un gioco da equilibrista maestro tra impegno civile e poesia e scrittura e anche per i bambini, perché l’uomo cresciuto nel Piemonte più duro e contadino era capace di struggenti capacità di ascolto, per i più piccoli, e di scrittura, per loro. Erano scaturiti dischi bellissimi come Altre Latitudini, il citato Da questa parte del mare, Vitamia. L’ultimo regalo Men At work, dal vivo. Si noti il titolo: lavori in corso. Gianmaria Testa sapeva trovare le parole giuste, e i cercatori di parole sono migliori dei cercatori d’oro, perché noi umani, si diceva, siamo creature fatte per ricevere e raccontare storie, non oro. E’ l’unico patrimonio che non ha degrado né abiezione.

*


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Qui l'annuncio della sua malattia, un annetto fa:

http://www.repubblica.it/cronaca/2015/0 ... 114069870/" onclick="window.open(this.href);return false;
- Peppiniello! ... Una pizza! ... Anzi, due!!! -

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faxus
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Questo tuo post è un monumento.
Doveva valere molto, vale molto Gianmaria Testa.

Viva Gianmaria Testa

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fragrua
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Annata veramente infame. Ciao Testa.
La prima cosa su cui devi investire è il benessere del tuo corpo, l'unica cosa che ti porterai nella tomba.
Franz Grua (sarebbe fragrua)

In un mondo perfetto io sarei un essere inutile.
©2015 albertocchio

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Hai raggiunto la meta.
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L’inerzia soddisfatta dei cittadini è all’origine di quella incredibile malattia che è la servitù volontaria

E se vivremo, sarà per calpestare i re.

Una delle più importanti differenze tra uomini e animali è che questi ultimi non permettono, al più idiota tra loro, di diventare capo branco.

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Minchia (scusate) che anno di merda!!! :(
 Il futuro (Apple)? Nammerda!

Di un costoso Mac si può fare a meno, di macOS no... (cit. fax)

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Un altro grande Maestro è volato in Paradiso.

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Mi fa piacere, seppur in una circostanza così triste, notare come anche qui venisse amato Gianmaria Testa. Seppure non lo conoscessi personalmente, lo sentivo molto vicino. Per vari motivi ha rappresentato una parte veramente importante della mia vita e la sua scomparsa mi ha addolorato profondamente. Mi mancherai tantissimo Gianmaria.

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