In questa sezione del forum ho letto alcune discussioni su grafica e font. Così ho pensato di raccontare l’uso che ho fatto di un carattere molto particolare e raro, il “
Cheap Signage Type 3”, che trovai nel 1994 in un dischetto allegato a una rivista Mac:
https://www.diegocuoghi.it/font_cccp/Ch ... ge_Mac.zip
L’autore lo offriva “
free of charge” e diceva che “
it takes advantage of Type 3’s ability to use other PostScript code (that is, other than just font-specific stuff). The font changes the shapes of the characters as it goes along, so it comes out differently each time it prints.” (sfrutta la capacità dei Type 3 di utilizzare altro codice PostScript (vale a dire non solo le specifiche del carattere). Il font cambia le forme dei caratteri mentre procede, così appare in modo diverso ogni volta che si stampa.)
Qui una descrizione delle caratteristiche:
https://www.prepressure.com/fonts/basics/type3
"
Within Type 3 fonts, the entire PostScript language can be used to describe character shapes. This means that Type 3 fonts can have more elaborate designs than Type 1 fonts: the glyphs can contain shades of gray, graduated fills or variable stroke widths.” (All'interno delle font Type 3, l'intero linguaggio PostScript può essere utilizzato per descrivere le forme dei caratteri. Ciò significa che i font Type 3 possono avere disegni più elaborati rispetto ai Type 1: i glifi possono contenere sfumature di grigio, riempimenti graduati o larghezze di tratto variabili.)
Quando nel 1996 realizzai la copertina del CD “
Live in Punkow” dei
CCCP Fedeli alla linea, usai il
Cheap Signage Type 3, non solo per l’aspetto low-fi, ma proprio per ottenere un effetto random, variato come se fosse disegnato a mano. Effetto che però si otteneva solo durante l’uscita in pellicola tramite una unità Postscript.
Qui un particolare:
I risultati erano imprevedibili anche in CMYK perché ogni lastra di quadricromia conteneva una diversa forma dei caratteri che, una volta stampati, mostravano un effetto multicolore:
Qui il file in CMYK, con i canali dei colori diversi
https://www.diegocuoghi.it/font_cccp/CC ... i_CMYK.jpg
Ma su fondo nero il testo sarebbe risultato confuso e così utilizzai solo una variante per tutti i 4 colori.
I font T3, pochissimo diffusi, divennero presto inutilizzabili, i programmi non li riconoscevano e neppure i Mac OS più recenti erano compatibili.
Quando nel 2016 la Virgin mi chiese di curare la ristampa di quell’album come doppio LP mi trovai quindi nell’impossibilità di riprodurre l’effetto random usando i Mac più recenti con OSX. Neppure riaprendo i file con un vecchio Mac con OS9 e FreeHand 5, e ricomponendo tutta la grafica nel formato LP sarei riuscito, perché poi la stessa attrezzatura avrebbe dovuto averla anche la tipografia della casa discografica alla quale dovevo inviare i file della copertina.
Provai di tutto su un PowerMac G4 con OS9, esportando in tutti i tipi di EPS da FreeHand5 e FreeHandMX, e in PDF sempre da FHMX, niente, i file non si aprivano e mostravano un messaggio di errore a proposito di font non nel sistema, anche se il Cheap Signage era nella cartella Font.
L’alternativa ci sarebbe stata, usare la versione TrueType
Cheap Signage Standard, che però produce lettere sempre uguali, e quindi non è la stessa cosa:
https://fontsov.com/font/cheapsignagestandard39730.html
Dopo tanti tentativi infruttuosi pensai che forse avrei potuto ottenere una "pseudo uscita in stampa" usando una stampante Postscript virtuale e producendo così un file .ps da distillare poi in Acrobat o con altri software, oppure un PDF. Ma ottenevo sempre errori qualsiasi stampante virtuale selezionassi in Scelta Risorse.
Alla fine trovai la soluzione: il problema era ATM (Adobe Type Manager), incompatibile con Type3. Dopo averlo escluso dalla Gestione Estensioni di OS9 le stampanti virtuali funzionavano con quel font e così da FreeHand 5 riuscii a produrre dei file .ps di tutte le parti di testo della nuova copertina.
Ma i file .ps non erano apribili su OSX, non essendo compatibile col Postscript Type3. Allora di nuovo su OS9 aprii i file con Acrobat Distiller 4 e li salvai come PDF, riuscendo così a inserirli nel nuovo impaginato.
Per fortuna che ho conservato diversi vecchi Mac con tutti i programmi usati tanti anni fa per i miei lavori, altrimenti negli ultimi anni non sarei riuscito a recuperare e reimpaginare i dischi dei CCCP e dei CSI Consorzio Suonatori Indipendenti, fino alle ultimissime ristampe in vinile doppio.
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P.S. ho usato la forma "il font" e non "la font" perché da quando lavoro come grafico con il Mac (più di 30 anni) ho sempre detto così e lo stesso ho sempre sentito dai colleghi. E poi perché pure l'Accademia della Crusca dice che
“
Ciò che determina l’affermazione di una forma rispetto a un’altra – si legge nel rapporto della Crusca – è l’uso effettivo che ne fanno i parlanti: da questi dati si registra una netta prevalenza del genere maschile, dovuta certamente all’influenza dell’informatica; la forma femminile ‘la font’ sembra pertanto destinata a scomparire”.
In ogni caso, la Crusca suggerisce di utilizzare “il font” per il lessico informatico e di ripristinare “la fonte” per la terminologia tipografica. Una differenza che rende giustizia non solo alla distinzione dei due ambiti, ma anche alle diverse radici linguistiche, rispettivamente inglese e francese.”